I disegni sono di FORTUNATO TAMI (1875-1942) realizzati a inizio '900
(A. Zammaretti - Estratto dal “Bollettino Storico per la Provincia di Novara” - Anno LII n. 1, 1961)
Una storia assai interessante hanno i ruderi che emergono dalle acque del Lago Maggiore davanti all’abitato di Cannero, ai margini del territorio del Comune e della parrocchia di Cannobio. Una storia di sangue, di crudeltà inaudite, di stragi, saccheggi e barbare imprese.
La bibliografia di questi fatti è ricca e chiunque può prendersi il gusto di consultarla.
Siamo al principio del secolo XV. A Milano è morto da poco il duca Gian Galeazzo Visconti e sotto il suo successore si scatenano le fazioni e si susseguono disordini e delitti di ogni specie.
Immagine 1 - Fra le ribalderie dei Mazzarditi ..... |
Nella nostra zona si lottano due famiglie, quella dei Rusconi di parte ghibellina e quella dei Vitani di parte guelfa. Le due famiglie avevano la loro sede in Como ma agivano entro un vasto raggio d’azione che giungeva fino al Lago Maggiore.
A Cannobio seguivano la parte guelfa, ossia dei Vitani, le famiglie Mantelli, Cervetti, Zacchei ed alcune altre e quasi tutta la villa di Cinzago, allora assai popolata. Dalla parte ghibellina erano invece le famiglie Mazzironi, Poscolonna, Dal Sasso Carmine e quasi tutte le altre famiglie di Cannobio e della Pieve.
Proprio in questo periodo erano in Cannobio cinque fratelli della famiglia Mazzardita e precisamente: Giovanolo, Beltramino, Simonello, Petrolo detto il Sinasso ed Antonio nominato il Carmagnola. Questi fratelli erano figli di Lanfranco Mazzardi macellaio a Ronco di Cannobio.
Le gesta vergognose di questi cinque fratelli ebbero inizio verso il 1402 o 1403. Impadronitisi con la forza di Cannobio, non disponendo di un castello fecero sistemare il forte ed alto campanile con il vicino Palazzo della Ragione a modello di fortezza. Quindi iniziarono ogni sorta di persecuzione contro i guelfi del borgo e della Pieve, saccheggiando, rovinando e bruciando le loro case, tagliando le loro viti ed ammazzando molti della parte guelfa. Inoltre molti furono imprigionati nello stesso campanile e sottoposti a torture e violenze.
Immagine 2 - Le ribalderie dei Mazzarditi ... |
Quando volevano impadronirsi di qualche bella casa o terreno fecondo fingevano di comprarlo dal proprietario cui consegnavano la somma richiesta. Però concluso l’atto e firmato davanti al notaio facevano catturare il venditore dai loro compari e gli toglievano la somma poco prima pagata. In caso di resistenza imprigionavano ed uccidevano il malcapitato venditore.
Frequentemente violavano le donne sia nubili che maritate specie se erano di famiglie di parte guelfa. Giunsero a rapire la moglie del Podestà di Cannobio, un certo Giacomo Pozzi giureconsulto di Vigevano, la trascinarono a S. Agata dove la violarono e poi la rinchiusero in prigione.
I fratelli Mazzarditi si diedero poi a tiranneggiare e depredare anche altri centri del Lago Maggiore e portavano a Cannobio numerosi prigionieri, li rinchiudevano nel campanile di San Vittore e li sottoponevano ad atroci tormenti infine li uccidevano con un colpo di mazza sul capo oppure li squartavano vivi, o li scannavano con l’aiuto di sgherri o li impiccavano alle piante ai margini delle strade affinché i passanti potessero vedere i cadaveri ondeggiare al vento. Molti prigionieri furono affogati nel lago, altri gettati nel fiume dall’alto del ponte dell’Agostana - dove oggi è il ponte dell’Orrido di S. Anna - altri ancora scaraventati nel lago dal Sasso di Carmine.
Un giorno ne ammazzarono dieci, quasi tutti di Ascona e delle terre vicine, legarono i corpi con una grossa fune e li trascinarono, legati insieme, per le vie del borgo fino alla riva del lago e con un grosso sasso al collo li fecero gettare nelle acque. Per disposizione della Provvidenza i cadaveri di quegli infelici furono poi trovati sulla spiaggia di Germignaga e sepolti in luogo sacro.
Immagine 3 - Ai supplizi e alle torture ... |
Per meglio dominare e tiranneggiare Cannobio e le vicine popolazioni fecero costruire un castello sopra uno scoglio che sorgeva dal lago quasi davanti alla spiaggia di Cannero e si chiamava il castello della Malpaga e vi risiedeva Antonio detto il Carmagnola. La costruzione di questo castello venne fatta dagli abitanti della zona che dovettero lavorare senza alcun compenso. Le pietre furono tolte dalle case dei vicini villaggi fatte demolire.
Tutti coloro che transitavano sul luogo erano costretti a versare elevatissimi pedaggi o a pagare la resistenza con la vita. Estesero le loro rapine alle terre di Angera ed Arona e tutte le popolazioni del Verbano erano in preda a indescrivibile terrore. A centinaia si contavano le vittime di quei furfanti e ogni famiglia era in lutto.
Immagine 4 - Fra le varietà dei supplizi ... |
Il duca Filippo Maria Visconti mandò contro di loro nel 1412 un esercito di circa 500 uomini sotto il comando di Giacomo Lunati, capitano e nobile milanese, e dopo un lungo assedio il castello Malpaga si arrese e i fratelli Mazzarditi ottennero come condizione di aver salva la vita e di poter conservare i loro beni. La resa avvenne nel marzo 1414.
Nel 1459 ebbe inizio un processo, ad opera di Pietro e Giovanni Mantelli, contro Giovanni Pietro e Giovan Matteo Mazzardi, figli di uno dei cinque fratelli Mazzarditi che tante rovine avevano procurato alle famiglie cannobiesi di parte guelfa.
Nel mese di ottobre 1519 per desiderio del conte Lodovico Borromeo, signore di Cannobio, sulle rovine della Malpaga veniva iniziata la costruzione di un nuovo castello, ultimato nel 1521 e denominato “Vitaliana” dal primo nome della sua illustre stirpe.
Ed ecco i versi e le parole latine che si leggevano sopra una tavola di marmo murata nel castello dal lato di levante:
Ingredere et specta, mi hospes, tecumque revolve,
quae sit in adversis virtus, quaecumque rigenti
iuncta vides saxo, factum laudante fideli
Helvetio, mediis fortunae in fluctibus egit
Vitalianorum Ludovicus vera propago.
Anno sal. MDXXI
Solent non ignavi homines apta suis studiis loca dilignter esquirre; hunc idei sibi Luduvicus Borromeus elegit, ut fortunae tela vitaret. Facta sunt fundamenta 1519, VI Octobris ante diem divae Justinae Vitalianae ob memoriam antiquae originis.
Una seconda iscrizione la troviamo dal lato di ponente su una tavola di marmo e tale iscrizione è citata anche dal Leandri e dal Morigia. Eccone il testo:
Vitaliana vocor Verbani turris in undis
Edita, primaevae nomina stirpis habens.
Me Luduvicus sic Borromaeus in altum
Extulit, ut pateat Vitalianus Honos:
Simque locus fidis semper patefactus amicis;
Hostibus at nostris sim moribunda lues.
A questi versi il cui significato è ovvio anche ai profani di latino, seguono le seguenti parole:
Si duplicis cognominis causam forte requiris, lector,
Scito illustrem Borromaeorum Comitum prosapiam
A Vitaliano Matavino olim Italiae Rege et Divae
Justinae genitore suam traxisse originem.
Vale et quod Domino turris auguralis id tibi veniat.
Immagine 5 - Le spose e le dolnzelle che i Mazzarditi ... |
Nel 1523 la pace di questo nuovo castello veniva turbata dal fragore delle armi. Infatti Anchise Visconte, valoroso capitano e governatore ducale del Lago Maggiore, per incarico del duca Francesco II Sforza poneva l’assedio al castello. I motivi del provvedimento stavano nel fatto che il Conte Lodovico Borromeo era stato allontanato dallo Stato di Milano perché considerato ribelle e sostenitore del re di Francia Francesco I che in quel tempo era in guerra con lo Sforza. Va sottolineato che il Borromeo non fu il solo Signore che parteggiasse in quel tempo per il Re di Francia.
L'assedio si protrasse fino al 1524 ma fu senza risaltati per il capitano Anchise Visconte.
Infatti gli svizzeri, amici del conte Borromeo e del re Francesco I di Francia, sostenevano l'assediato con viveri ed armi approfittando del favore della notte e del forte vento che impediva agli assedianti, poco pratici del lago e delle sue burrasche, di intralciare l'opera di soccorso degli svizzeri.
Ma non furono soltanto gli amici della vicina Svizzera a dar man forte al conte Lodovico Borromeo. Anche gli abitanti di Cannero più di una volta fecero pervenire agli assediati i loro aiuti. Si narra anzi dagli storici dell’epoca che Anchise Visconte, prima di togliere l’assedio al castello munitissimo, abbia incendiato quasi tutta la terra di Cannero per una feroce rappresaglia contro quelle popolazioni che avevano osato soccorrere il suo nemico.
Immagine 6 - L'eco delle crudeltà dei Mazzarditi ... |
Da questo castello erano partiti la mattina del 10 gennaio 1522 i conti Borromeo per recarsi a Cannobio ad osservare e venerare il grande prodigio che era avvenuto due giorni innanzi nell’osteria di Tomaso Zacchei. I conti stessi erano stati spettatori di una delle tante manifestazioni prodigiose ripetutesi per vari giorni nella modesta saletta dell’osteria.
Ed ora di questi castelli non vediamo se non le rovine o poco più. Infatti da troppi anni le costruzioni sono state abbandonate all’incuria del tempo e degli elementi. È un vero peccato che questi scogli che sorgono dalle acque trasparenti del Verbano, in uno dei punti più suggestivi della nostra bellissima Italia, restino abbandonati, silenziosi, inospitali
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Vengono riproposte "alla lettera" le didascalie che accompagnano sul retro le sei cartoline raffiguranti la "Storia dei Castelli di Cannero" realizzate da Fortunato Tami e che iniziarono a circolare nel 1925.
1 - Fra le prepotenze dei Mazzarditi, fortemente insediati nei Castelli di Cannero vi era il frequente rapimento di giovani donzelle e spose, uccidendo quelle che si rifiutavano di cedere ad essi. A questo scopo rapirono anche la sposa del Podestà di Cannobio Giacomo Pozzi da Vigevano, giureconsulto di valore, nel 1408.
2 - Le prepotenze dei Mazzarditi si estendevano su altre rive del Verbano perseguitando i Guelfi che prendevano il nome di “Vitani” in quella regione, imprigionandoli, torturandoli e uccidendoli in diversi modi, fra i quali il più frequente era gettare le vittime legate e imbavagliate dal torrione del Castello. Come sempre, si esaltavano ad assistere alla tragica scena accompagnando con ingiurie le loro vittime. Questo avveniva durante il massimo della loro potenza, fra gli anni 1406-1414.
3 - Ai supplizi e alle torture di ogni genere che i Mazzarditi facevano subire ai nemici che cadevano nelle loro mani, univano atti di crudeltà inaudita. Così dopo aver fatto subire una lunga e penosa prigionia al Ghibellino Martino Mazzirono, ricco ed influente Borghigiano, vollero presenziare al suo estremo supplizio con sprezzante ironia. Anno 1408.
4 - Fra le varietà di supplizi di ogni genere a cui i Mazzarditi sottoponevano gli infelici che cadevano nelle loro mani per terrorizzare le popolazioni rivierasche e dare un segno della loro potenza vi era l’impiccagione su antenne fissate all’alto della torre. Questa tortura fu riservata anche ai fratelli Mantelli appartenenti a facoltosa e influente famiglia di Cannobio e i loro cadaveri furono lasciati esposti per sei giorni. Anno 1409.
5 - Le spose e le donzelle che i Mazzarditi riuscivano a rapire non avevano che da scegliere fra il cedere alle loro oscenità o morire. Tra quelle che preferirono la morte alle violenze vi fu una bella e virtuosa donzella appartenente all ricca famiglia Mazzirono la quale dopo aver sostenuto una tenace lotta barricata dietro ai mobili della sala fu uccisa dal Mazzardito Giovanolo. Anno 1409
6 - L’eco delle crudeltà dei Mazzarditi arrivava lontano, e il Duca Filippo Maria Visconti di Milano, di fronte al grido di dolore del Verbano desideroso di vendetta e libertà, spedì subito Giovanni Lonati con 500 soldati, e dopo un forte assedio dei Castelli riuscì a catturare i Mazzarditi ed i loro complici. Anno 1414. Gli storici non concordano sulla fine che fu riservata ai Mazzarditi. Però un decreto del 16 luglio 1429 del Duca di Milano proverebbe che ebbero salva la vita.
La cornice è un disegno di F. TAMI |
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